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They were not simply names of list. They were us.

«Non erano solo nomi in una lista. Erano noi». Con queste parole comincia l’articolo che il New York Times, primo giornale della metropoli statunitense, ha pubblicato nella prima pagina di domenica 24 maggio con l’elenco di mille delle quasi centomila vittime del coronavirus.

«Non erano solo nomi in una lista. Erano noi». Con queste parole comincia l’articolo che il New York Times, primo giornale della metropoli statunitense, ha pubblicato nella prima pagina di domenica 24 maggio con l’elenco di mille delle quasi centomila vittime del coronavirus negli Stati Uniti, riportando il testo dei necrologi pubblicati in questi mesi in tutto il Paese. Una iniziativa che ha avuto una risonanza mondiale e che sta ricevendo il plauso generale delle istituzioni e degli organi di informazione  non soltanto americane.

Nella edizione on line, inoltre, il quotidiano newyorkese dedica uno spazio fisso alle vittime del coronavirus. Sotto il titolo An incalculable loss (Una perdita incalcolabile), si legge: America is fast approaching a grim milestone in the coronavirus outbreak, each figure here represents of the nearly 100,000 lives lost so far. But a count reveals only so much. Memories, gathered from obituaries across the country, help us to reckon with what was lost. (L’America si sta rapidamente avvicinando a una tragica pietra miliare nell’epidemia di coronavirus, ogni figura qui rappresenta una delle quasi 100.000 vite perse finora. Ma un conteggio rivela poco. I ricordi, raccolti dai necrologi in tutto il paese, ci aiutano invece a fare i conti con ciò che è stato perso). Ogni figura umana che appare nel seguito dell’articolo rappresenta infatti una delle vittime del coronavirus, giorno per giorno, dal 5 marzo al 23 maggio.

Con un corollario che si legge in sovraimpressione: a number is an imperfect measure when applied to the human condition. One.Hundred.Thousand (un numero è una misura imperfetta quando applicato alla condizione umana. Uno. Cento. Centomila).

Una iniziativa originale  che dà una visione diremmo “plastica” dell’enormità dei lutti che sta provocando la pandemia.

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